Rockefeller, Carnegie, Morgan, Vanderbilt: sono questi i nomi che oggi parlano di potere, ricchezza e sogno americano realizzato sfacciatamente in pieno, e sono sempre queste le famiglie alle quali baciare la pantofola se si vuole essere ammessi nel circoletto di quelli che contano e decidono. Ma non è stato sempre così, e anzi fa sorridere il fatto che a fine 1800 – quando i suddetti alfieri della Gilded Age potevano già contare su un patrimonio da capogiro – erano i parìa della buona società, gli arricchiti, i nuovi soldi privi di prestigio e tradizione, gente che non era imparentata con i Livingstone o gli Stuyvesant, e che doveva la loro fortuna all’impresa e al lavoro piuttosto che al lignaggio.

The Gilded Age, a firma Julian Fellowes, è la storia di come i “nuovi soldi” abbiano conquistato e ridefinito la società newyorkese e americana sul finire dell’800, costruendo di fatto la società capitalistica.

the gilded age serie

Il nome di Fellowes, a fronte di una filmografia di pregio, è indissolubilmente legato a quello di Downton Abbey, quindi iniziamo subito con il dire che gli orfani della serie troveranno in The Gilded Age tutto quello che hanno amato della serie inglese, a partire dalla grazia stilistica attraverso la quale si dipanano storie immerse in un contesto che appaga l’occhio dell’esteta. 

Fellowes non è interessato al dramma di per sé, predilige piuttosto l’affresco narrativo che restituisce il momento storico in cui si muovono i personaggi, e The Gilded Age non fa eccezione. I dialoghi sono in punta di fioretto, il classismo è reso attraverso una girandola di inviti diramati e respinti, visite non ricambiate, saloni da ballo impossibili da riempire senza il benestare delle persone giuste. La visione della società, suddivisa tra chi conta e chi no, con ciascuno consapevole del proprio ruolo, è enunciata fin dal titolo del primo episodio – “Never the new“- che riprende la lezione impartita da Agnes van Rhijn a sua nipote: “You need to know we only receive the old people in this house, not the new. Never the new.” 

La storia prende le mosse da Marian Brook, una giovane donna in bancarotta a seguito della morte dell’indebitato padre. La sua unica alternativa è essere ospitata dalle zie paterne, a Manhattan: zia Agnes, una ricca vedova, e Ada, la sorella nubile. Le due donne, seppure in modo diverso, prendono a cuore il futuro di Marian e cercano di istruirla sugli usi e costumi della società di cui ora fa parte. La ragazza rappresenta lo spirito della modernità che vorrebbe emanciparsi dal rigido imbrigliamento sociale, in nome anche di una romantica idea di felicità, ma la verità nuda e cruda è che per la sua stessa sopravvivenza dovrebbe puntare a un matrimonio conveniente: è vero che Marian non possiede nulla, ma grazie alle zie ora si muove in un contesto in cui il buon nome è ancora una moneta spendibile.

Marian stringe amicizia con Peggy Scott, una ragazza nera. Con Peggy finalmente abbiamo un personaggio nero che non esiste all’interno del racconto unicamente per subire e denunciare il razzismo – che pure c’è ed è ovviamente mostrato – ma è piuttosto portatrice di una storia di indipendenza ed emancipazione tutta sua. La ragazza è infatti istruita, appartiene a una delle famiglie nere benestanti di Brooklyn, ed è una scrittrice che si fa notare dagli editori per il talento e e posizioni politiche. La storyline è storicamente accurata, sia per il background famigliare che personale: il personaggio è stato scritto avendo in mente molte donne nere pioniere nel campo dell’arte e dell’attivismo, in particolare Julia C. Collins che viene accreditata come la prima donna nera ad aver firmato e pubblicato un romanzo.

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Il fulcro di Gilded Age, seppure intessuto delle storie personali di svariati personaggi, è comunque lo scontro tra le famiglie antiche, protezioniste e chiuse, e i “nuovi soldi” rappresentati dai coniugi Russell, incredibilmente ricchi e decisi a dominare non solo la scena economica newyorkese, ma anche quella sociale. Superficialmente è facile avere in simpatia Mrs Russell visto che, nonostante la ricchezza che gronda dal suo abbigliamento e dalle pareti di casa, sembra essere la parte debole, vittima di ostracismo e mortificazioni da quelle che vengono mostrate come donne vanesiamente definite dal loro attaccamento al lignaggio. In realtà, Mrs Russell non solo è uno squalo, ma condivide la stessa mentalità delle persone che inizialmente la evitano: la donna vuole far parte di quella società che la rifiuta per poi dominarla applicando gli stessi criteri, che ora le sono contro, per decidere chi è dentro e chi è fuori.

Fellowes è abile nel mostrare come la società old fashion di New York poteva forse sperare di vincere contro i nuovi soldi, ma non può che soccombere di fronte al progresso. I nuovi ricchi sono tali perché hanno intercettato il cambiamento, promuovendo impresa e modernizzazione: la loro ricchezza è la conseguenza di una modernità di cui o si farà parte, o si verrà messi da parte.

the gilded age

Le storie di Downton Abbey si sono dispiegate attraverso ciò che accadeva downstairs e upstairs, con i personaggi dei piani bassi spesso molto più interessanti e sfaccettati di quelli dei piani alti. In The Gilded Age c’è una riproposizione solo formale della divisione: è evidente che le vicende del personale di servizio completano il quadro del racconto di un’epoca – con alcuni momenti molto ben riusciti (la rivalità tra maggiordomi, per esempio) – ma che a conti fatti sono il necessario di più per arricchire l’insieme che verte principalmente sui protagonisti dell’alta società.

Le scelte di casting hanno centrato quasi tutti i ruoli chiave: i coniugi Russell, particolarmente la Mrs Russell di Carrie Coon, e la Agnes di Christine Baranski. La prima, perfetta come infaticabile stratega della scalata sociale; la seconda gustosissima nel suo algido snobismo: è un attimo desiderare un incontro tra lei e Lady Violet. Peccato per il ruolo di Marian Brook interpretata da una slavata e monocorde Louisa Jacobson a cui Denée Benton (Peggy) ruba puntualmente la scena.

The Gilded Age, in Italia su Sky, è stato rinnovato per una seconda stagione.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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